PIAZZA DELL’UNITA’ D’ITALIA

(già Piazza Grande)

a cura di Massimo Barbo per TuttoTrieste.net

una magnifica piaza vizin el mar,
serada da tre lati,
aristocratica, spaziosa e regolar (Corrai)

Piazza dell’Unità d’Italia con i suoi 12.280 metri quadrati è stata la piazza aperta sul mare più grande d’Europa fino a settembre del 2021 quando questo primato fu superato da Salerno con l’inaugurazione della nuova Piazza della Libertà di 28.000 metri quadrati.

E’ definita “il salotto di Trieste” e per i triestini è il posto al quale si sentono più legati in quanto qui pulsa tutta la vita cittadina. Oggi è un luogo per passeggiate, per incontri di affari, per spettacoli, celebrazioni e manifestazioni come una volta è stato luogo di processioni, esecuzioni e giostre, insomma è, ed è sempre stato, il centro della vita quotidiana della città.

La piazza in origine si chiamava Piazza San Pietro ma comunemente veniva chiamata Piazza Grande fino al 1918 quando fu denominata Piazza Unità in onore dell’avvenuta annessione di Trieste all’Italia, dopo un breve periodo nel quale venne denominata Piazza Francesco Giuseppe. Il 25 aprile 1955 infine, venne ufficialmente chiamata con l’attuale denominazione di Piazza dell’Unità d’Italia dall’allora Sindaco Gianni Bartoli, rovignese, passato alla storia come il Sindaco degli anni difficili, per il duro momento storico che Trieste attraversò in quel periodo.

Piazza Unità fine '700

In origine la piazza era, per estensione, meno della metà dell’attuale superficie ed era delimitata dal Palazzo Pubblico o Palazzo del Magistrato che aveva una loggia in legno della prima metà del 1400, poi ricostruita nel 1686 in pietra, e doveva trovarsi all’incirca dove oggi si trovano i volti del palazzo municipale.

L’edificio era essenzialmente costituito da una grande sala, detta stufa (stube) in quanto qui vi fu posta la prima stufa  per il riscaldamento, dove si riuniva il Consiglio dei Quaranta che aveva competenza in materia giudiziaria ed in seguito qui si tennero le sedute del Consiglio Comunale e le aste pubbliche. L’edificio fu allargato in varie riprese, sia a destra che a sinistra della loggia, incorporando edifici limitrofi ed ospitando anche la Biblioteca Pubblica.

Sulla facciata del palazzo erano esposti due busti in bronzo raffiguranti il Duca Leopoldo III d’Austria e l’Imperatore Federico III (1415 – 1493).

Il palazzo fu demolito nel 1871 per lasciare il posto all’attuale Municipio del Bruni e l’orologio incastonato nella facciata fu trasferito al Comune di Prosecco mentre la campana (datata 1470) fu trasportata alla Chiesa di San Giovanni e Pelagio in Guardiella per essere riposta negli anni trenta sul suo sito originario, ossia nel campanile a vela della chiesa di San Michele al Carnale a fianco della Cattedrale, da dove fu prelevata nel 1508 per finire sul tetto del palazzo comunale appunto.

I due busti in bronzo furono trasferiti all’interno del nuovo palazzo del Bruni da dove furono rimossi nel 1919 per effetto di un’ordinanza della nuova autorità italiana e probabilmente distrutti.

Nel 1707 fu costruito il Palazzo del Comune sulle ceneri del vecchio palazzo andato distrutto da un incendio, sul sito occupato oggi dal Caffè degli Specchi.

Il Palazzo si protendeva con le sue arcate verso il centro della piazza mentre il retro dava sul vecchio porto del Mandracchio. Il suo interno era costituito da una grandissima sala,  che si raggiungeva attraverso una scala in marmo, dove si riuniva il Consiglio Maggiore e dove venivano ospitate delle fiere. In seguito furono aggiunti dei palchetti ed un palcoscenico trasformando la sala in un vero e proprio teatro che fu chiamato con vari nomi: Teatro di San Pietro, Teatro Cesareo Regio, Teatro Nuovo, Teatro Grande e Teatro Comunale.

Davanti all’allora Palazzo Pubblico (o del Magistrato) si ergeva la Torre dell’Orologio chiamata anche Torre del Porto oppure ancora Torre del Mandracchio, che in pratica era la porta della piazza che dava sull’antico porto della città, detto appunto Mandracchio.

In pratica il Mandracchio si trovava in quello spazio tra l’attuale Prefettura ed il Palazzo del Lloyd, oggi proprio in sua memoria pavimentato con luci azzurre. La Torre venne demolita nel 1838.

Torre del Mandracchio detta anche dell'Orologio detta anche del Porto

All’interno dell’arco trovava posto un’immagine della Madonna Annunziata venerata dai marinai. Si tratta di una tela del XVII secolo raffigurante la Madonna con i Santi Sergio, Silvestro, Nicolò e Rocco. La tela si trova oggi nel corpo di guardia del castello di San Giusto. Sempre all’interno dell’arco c’era una statua di San Giovanni Nepomuceno, anch’esso molto venerato dai pescatori e dai marinai di allora e questa statua oggi dovrebbe trovarsi in una nicchia del muro di cinta della Scuola Allievi in Guardiella.

Nel 1474 la torre viene modificata per la prima volta e nel 1517 l’antica porta viene abbellita di un orologio e di due Mori in bronzo che scandivano le ore e che il popolo allora battezzò Micheze e Jacheze (o Mikez e Jakez) che dovrebbe essere una simpatica resa grafica dialettale di Michele e Giacomo (dallo sloveno Mihec e Jakec). Nel 1700 i Mori vennero eliminati ed al loro posto fu costruita una cella trifora con tre campane. La torre fu demolita il 24 settembre 1838 e fu l’ultima torre dell’antica cinta muraria ad essere demolita. Una campana della Torre del Mandracchio, datata 1241, giace al Museo Civico dopo esser stata trasferita una prima volta dalla Torre alla Chiesa di San Pietro e San Rocco in Piazza Grande e successivamente alla Chiesa di San Bartolomeo a Barcola assieme al rosone come vedremo di seguito.

Ai lati della Torre del Mandracchio vi era un edificio che ospitava le carceri (poi il palazzo del Comune sopra descritto) e dall’altra parte l’Osteria del Comune o Osteria del Porto, un edificio di proprietà del Comune affittato ad un oste-locandiere. L’edificio nella seconda metà del 1700 viene sopraelevato di un piano per così diventare la Locanda Grande, che nel giugno del 1768, ospitò l’archeologo e storico dell’arte tedesco J.J.Winckelmann (famoso per aver riportato alla luce i resti di Pompei) poi assassinato in una stanza della stessa locanda l’8 giugno dello stesso anno. La locanda disponeva di una quarantina di stanze e di una scuderia. Al piano terreno c’era il Caffè Carrara ed il Corpo di Guardia.

A fianco della Locanda Grande trovò poi posto nel 1780 il Palazzo Plenario progettato dall’architetto Ulderico Moro per conto del ricco commerciante Plenario, poi divenuto Palazzo Pitteri in quanto dimora e proprietà del letterato Riccardo Pitteri. Il palazzo divenne poi proprietà della compagnia di assicurazione Lloyd Adriatico.

La piazza ospitava poi una Cappella Civica detta di San Pietro costruita per volontà testamentaria di un esule ghibellino, Pietro Onorati, morto a Trieste nel 1367 e si trovava dove oggi si erge Palazzo Modello, ossia il primo palazzo a destra giungendo in piazza da Piazza della Borsa. La chiesetta fu fatta erigere da Bartolomeo Onorati, per il tramite del lascito testamentario del padre Pietro, su quello spazio cedutogli dal Comune e per concessione del Consiglio Maggiore contro la cui delibera si scagliò, invano, una parte della cittadinanza con un capitolo inviato da Castellino della Torre, con una protesta formale datata 2 giugno 1367, nella quale si sosteneva la mancanza di necessità di una nuova chiesa rispetto al fabbisogno dei cittadini.

Nel 1602 a fianco della chiesa di San Pietro fu eretta una seconda chiesetta in onore di San Rocco, come voto della città per la terribile pestilenza che la stava martoriando. Le due chiesette furono successivamente unite con un unico tetto e vi fu aggiunta una delle tre campane della Torre del Mandracchio. Nel 1870 furono demolite ma il rosone centrale dopo esser stato depositato all’Orto Lapidario, fu riutilizzato per ornare la facciata della chiesa di San Bartolomeo a olomeo a Barcola che ancora oggi ne fa sfoggio.

Nella zona dove oggi si trova Capo di Piazza vi era la Porta Nuova o Porta di Vienna, abbattuta nel 1780 mentre nella parte opposta, circa nei pressi dell’attuale via San Sebastiano, vi era la Porta Cavana.

A fianco di Palazzo Pitteri, nel 1873 venne edificato l’Albergo Vanoli su progetto degli architetti Eugenio Geiringer e Giovanni Righetto. Oggi vi trova posto l’hotel Duca D’Aosta, uno dei più prestigiosi della città e sulla piazza si affaccia il ristorante Harry’s Cafè.

Tra il 1881 ed il 1883 venne eretto l’imponente Palazzo del Lloyd Triestino (allora Lloyd Austriaco di Navigazione) su progetto dell’architetto viennese Heinrich von Ferstel in stile rinascimentale, quale simbolo della signoria triestina sul mare. L’architetto von Ferstel era uno dei maggiori professionisti dell’epoca, a lui si debbono moltissime opere architettoniche di Vienna come, per citarne alcune, il palazzo del Museo Austriaco dell’Arte e dell’Industria, il palazzo dell’Arciduca Ludovico Vittorio in Schubertring e la Chiesa Votiva (Votivkirche).

L’edificio andò ad occupare lo spazio lasciato libero dall’interramento del vecchio squero di San Nicolò che per un periodo fu usato come piazzale adibito a mercato. Al centro della facciata che da sulla piazza, in alto un’insegna riporta oggi la scritta ” scritta “Lloyd Triestino” collocata negli anni Trenta in sostituzione di un grande stemma dell Lloyd Austro-Ungarico. Il tutto è sovrastato da due Vittorie Alate: quella a sinistra alza un ramo di quercia simbolo della forza ed al suo fianco un giovanotto simboleggia il lavoro, quella a destra alza una corona di alloro simbolo della gloria affiancata da un giovanotto seduto su una barca che simboleggia il mare. Su parapetto troneggiano poi, da sinistra verso destra, le statue di Eolo (dio dei venti), Mercurio (dio dei commerci), Vulcano (principe del fuoco terrestre) e Nettuno (dio dei mari).

La facciata dell’edificio che da sulla piazza ospita alle sue estremità due fontane, una con la statua di Teti (quella a sinistra guardando il palazzo), opera dello scultore Giuseppe Pokorny, l’altra con la statua di Venere, opera dello scultore Ugo Haedti, rispettivamente custodi mitologiche dell’acqua dolce e dell’acqua di mare. In origine infatti, dalla fontana di Teti fuoriusciva acqua dolce mentre dalla fontana di Venere, mediante un meccanismo di pompaggio, sgorgava acqua di mare.

La facciata lato mare, ove nel progetto originario era previsto l’innalzamento di una torre, ospita le statue di Leucotea (protettrice dei naufraghi) con in braccio il figlio Palemone (dio del porto sicuro) e quella di Urania  (patrona della navigazione e dei naviganti). Tutte le statue furono relizzate dalla Società degli Operai Scalpellini di Trieste con pietra di Grisignana su progetto sempre degli architetti viennesi Haedtl e Polorny.

All’interno il pian terreno del palazzo è caratterizzato da due ampi corridoi che lo attraversano unendo i quattro ingressi posti al centro delle facciate, corridoi delimitati da un imponente colonnato in marmo veronese. Il primo piano che si raggiunge per mezzo di una ampia scalinata in pietra del Carso, è essenziamente un immenso salone in stile asburgico, con un soffitto costituito da volti dorati ed ornato con ritratti dell’Imperatore Francesco Giuseppe e della consorte Elisabetta meglio nota come Sissi.

Oggi il palazzo è la sede della Presidenza della Giunta Regionale.

Di fronte al Palazzo del Lloyd troviamo uno stupendo palazzo, con loggia fiorentina e mosaici, progettato dall’architetto viennese Immanuel Artmann (Emmanuel Hartman) e costruito tra il 1904 ed il 1905 al posto di un modesto palazzo settecentesco. E’ il Palazzo del Governo che fu prima sede della Luogotenenza Autriaca ed oggi è sede della Prefettura. Fino al 1919, tra il Palazzo del Governo e quello del Lloyd trovava posto un giardinetto, proprio dove una volta c’era il porto del Mandracchio.

A fianco del Palazzo del Governo troviamo oggi Palazzo Stratti, progettato dall’architetto Antonio Buttazzoni nel 1839 su incarico del negoziante Nicolò Stratti. Nel 1846 il palazzo divenne di proprietà delle Assicurazioni Generaliche nel 1872 misero in atto una radicale ristrutturazione della facciata su progetto degli architetti Geiringer e Righetti i quali conferirono l’aspale del palazzo. Al pian terreno dell’edificio è ospitato lo storico Caffè degli Specchi, ai piani superiori gli uffici dell’agenzia centrale delle Assicurazioni Generali. Sulla parte centrale del tetto sopra la scritta scolpita delle “Assicurazioni Generali”, si rivolge verso la piazza un articolato gruppo scultoreo marmoreo, opera dell’Architetto veneziano Luigi Zandomeneghi, che rappresenta il progresso e le fortune della città. Al centro spicca una grande figura femminile che rappresenta Trieste ai piedi della quale si riconoscono una locomotiva (simbolo della ferrovia Trieste-Vienna) affiancata da utensili da lavoro quali la pinza, la ruota dentata, l’incudine ed il martello. Dall’altro lato della statua si scorgono una colonna ed un capitello con una civetta, simbolo della ragione e delle tenebre, che simboleggiano lo sviluppo architettonico della città, una cetra che simboleggia la musica, un busto che rappresenta la scultura, una tavolozza la pittura e tutte assieme simboleggiavano la crescita culturale ed industriale di Trieste.

Attaccato a Palazzo Stratti si erge Palazzo Modello che sorge sul sito un tempo occupato dalla chiesa di San Pietro e San Rocco della quale ne abbiamo parlato in precedenza. Il Palazzo fu progettato nel 1870 dall’architetto triestino Giuseppe Bruni su incarico del Comune e prese il nome di Modello perché doveva servire appunto da modello architettonico per la ristrutturazione della Piazza Grande quale allora si stava definendo.

Il palazzo fu subito affittato ad uso locanda e vi trovò quindi posto l’Hotel Delorme, prestigioso albergo che poteva offrire stanze ed appartamenti anche per famiglie numerose, servizi igienici ad ogni piano, ristorante e vista sul mare, il tutto a prezzi abbastanza contenuti.

L’albergo chiuse nel 1912 e da allora lo stabile ospitò gli uffici del Comune. Nel gennaio 2002 iniziarono i lavori di ristrutturazione del Palazzo ma il 5 maggio 2002 furono bloccati a causa di un incendio che devastò tre piani dell’edificio. Ultimate le indagini i lavori ripresero e furono conclusi nei tempi prestabiliti. Dal dicembre 2008 lo stabile ospita gli uffici ed il direttivo della Acegas-Aps, la società ex municipalizzata che gestisce, in proprio ed attraverso le controllate, i servizi di somministrazione d’acqua, gas ed energia elettrica.

Interessanti e quanto mai originali, sono le statue (telamoni) che ornano l’ultimo piano del palazzo, in quanto scolpiti nell’intento gesto scaramantico di toccarsi i genitali.

Verso il 1830 nello spazio di mare antistante Piazza Grande venne inaugurato il Bagno Galleggiante Boscaglia, dal nome del primo proprietario. Si trattava di un bagno con struttura in legno, ancorato in mare aperto, che poteva essere smontato alla fine della stagione balneare per essere rimontato l’anno successivo. Era raggiungibile grazie ad un apposito vaporetto. Il Boscaglia dopo qualche anno dalla sua inaugurazione cambiò proprietario e divenne il Bagno Buchler dal nome del nuovo proprietario che nel 1898 lo ristrutturò completamente modernizzandolo. Purtroppo il bagno andò completamente distrutto assieme agli altri bagni galleggianti, nella notte tra il 13 ed il 14 giugno del 1911 per un violentissimo fortunale che danneggiò gravemente in molti punti anche le rive, affondando barche e velieri e causando alcuni morti.

IL PALAZZO DEL MUNICIPIO

Sulle ceneri del vecchio palazzo demolito nel 1871, venne eretto nel 1875 su progetto dall’architetto triestino Giuseppe Bruni (lo stesso di Palazzo Modello), il palazzo del Municipio, con il quale il Bruni cercò di conservare le caratteristiche architettoniche salienti del vecchio edificio.

Il Palazzo fu ben presto battezzato dai cittadini con i nomi più fantasiosi, primo fra tutti Palazzo Cheba per la sua struttura che con un po’ di fantasia ricorda una gigantesca gabbia per uccelli; Palazzo Sipario in quanto con la sua imponenza nascondeva le brutture della Cittavecchia dietro a se, e ancora Budel de Lionfante, Castel de Mandolato, Crocante.

Il Palazzo del Municipio è sovrastato al centro da un torrione con orologio sopra il quale due mori, sempre Micheze e Jacheze, dal 1876 scandiscono il tempo della città con i loro rintocchi (furono installati tra il 5 ed il 7 di gennaio e batterono i primi dodici rintocchi a mezzogiorno del 14 gennaio). I mori furono voluti dal Bruni in ricordo degli stessi sopra l’antica Torre del Mandracchio e furono da lui progettati nel 1873, poi modellati in zinco nel 1875 dallo scultore Fausto Asteo da Ceneda. Dello stesso Ceneda erano pure le due tedofore in bronzo poste all’entrata del Palazzo che il popolo battezzò Tinza e Marianza e che volle considerarle le spose dei due mori sovrastanti. Le due statue furono rimosse nel 1936 e di loro non si seppe più nulla in quanto, probabilmente, demolite.

I due mori invece, dopo più di cento anni di “onorato servizio”, logorati dal tempo, furono sostituiti con due copie identiche (le attuali) e i due “eroi” furono così depositati nel magazzino comunale di via Papiniano fino al 2004 quando furono riesumati ed esposti in un apposito palchetto preparato per l’occasione in via San Nicolò, prima di essere inviati a Udine per un loro restauro assieme alla vecchia campana fedele compagna di lavoro. Sono oggi esposti all’entrata del Castello di San Giusto.

Tra tutte le notevoli mutazioni che la piazza ha subito nel corso della storia, la Colonna di Carlo VI è al suo posto fin dalla sua posa avvenuta il 10 settembre 1728 in onore della visita dell’Imperatore alla città. All’inizio la colonna ospitò una provvisoria statua in legno dorato in attesa che fosse realizzata una in bronzo di fattura simile a quella della statua di Leopoldo I (il padre di Carlo VI) che oggi si trova in Piazza della brosa, ma questa non fu mai realizzata. La statua in legno fu quindi sostituita con l’attuale in pietra bianca nel 1754 per opera dello scultore Lorenzo Fanoli in onore della prevista visita in città dell’Imperatrice Maria Teresa che in realtà non avvenne.

Ricordiamo che Carlo VI, nato a Vienna nel 1685, fu imperatore dal 1711 al 1740, figlio di Leopoldo I (la cui statua poggia sulla colonna in Piazza della Borsa) e padre dell’Imperatrice Maria Teresa. A lui si deve l’istituzione di Trieste quale porto franco.

In Piaza Granda xe un monumento
de Carlo Sesto, del Mile e Seizento
che sufi vento, che sufi bora
tuti i colombi ghe svola sora


Questi sono i versi di un’antica canzone triestina dedicata a questo monumento, ma il buon spirito triestino che non si smentisce mai, usava sostituire il verbo svola dell’ultima strofa con uno più irriverente.

La Piazza ospita poi la splendida Fontana dei Quattro Continenti, opera del 1751 realizzata dall’architetto bergamasco Mazzoleni (lo stesso della Fontana del Giovanin in Piazza Ponterosso e della Fontana del Nettuno oggi nel suo sito primordiale di Piazza della Borsa dopo esser stata per anni in Piazza Venezia) eretta “in gloria alle fortune commerciali della città e quale fonte d’acqua ad utilità di cittadini e visitatori“. La fontana è una costruzione architettonica di conchiglie, delfini e rocce misti a casse, botti e balle di merci ed è sovrastata dall’Angelo della Fama che diffonde nel mondo la prosperità di Trieste. Ai quattro angoli della vasca vi sono quattro statue con un animale ed ognuna rappresenta uno dei quattro continenti: l’Europa col cavallo, l’Asia col cammello, l’Africa col leone e l’America col coccodrillo. L’Australia non è rappresentata in quanto all’epoca della realizzazione della fontana non era stata ancora scoperta.

La fontana, caduta nel degrado, venne tolta dalla piazza nel 1938 per far posto al palco per il comizio del Duce in visita alla città. Dopo anni di oblio venne riposizionata nei primi anni settanta, in seguito ad una capillare ristrutturazione, in una sede spostata rispetto a quella originaria, per poi essere ancora riposizionata proporzionalmente al centro della facciata del Municipio con i lavori di sistemazione della piazza del 2000/2001 su progetto dell’architetto Bernard Huet, vincitore del concorso indetto dal Comune.

La piazza ospita inoltre due pili con basamento in bronzo, opera dello scultore triestino Attilio Selva, a commemorazione degli autieri caduti durane la Prima Guerra Mondiale. Furono inaugurati il 24 maggio 1933 con il primo alzabandiera ufficiale alla presenza del Duca Amedeo D’Aosta. La realizzazione dei pili fu finanziata dal Regio Automibil Club Italiano nel 1929 per festeggiare il raduno automobilistico previsto per il 1932 ma furno posizionai solo nel 1933 appunto. I pili, alti sei metri ornate dalle sculture in bronzo del Selva alte 4,25 metri e 25, sostengono ciascuno un palo di 25 metri che fur realizzato dal CRDA (Cantieri Riuniti dell’Adriatico) sulla cui sommità svettano due alabarde realizzate dall’Officina Fumis.

Il lato della piazza delimitato dal mare ospita la Scala Reale in pietra bianca di Aurisina, costruita nel 1922 in occasione della visita in città del Re Vittorio Emanuele III. Nel 2004 la Scala Reale è stata impreziosita da due statue in bronzo, realizzate dallo scultore umbro Fiorenzo Baci, in occasione del cinquantesimo anniversario di Trieste all’Italia (1954). Si tratta della raffigurazione di un Bersagliere che sale la scala sventolando il tricolore in memoria della prima redenzione di Trieste all’Italia (1918) e, sul lato opposte, di due donne intente a cucire la bandiera italiana in occasione della seconda redenzione (1964 appunto). L’opera monumentale raffigurante le due sarte porta il nome di “Le Ragazze di Trieste”.

Una curiosità è costituita dalle due piccole vie adiacenti al Municipio che consentono l’accesso alla Piazza: entrambe vengono denominate “capi”, quello proveniente da Piazza della Borsa è Capo di Piazza Gianni Bartoli e quello da via Cavana è Capo di Piazza Monsignor Antonio Santin, rispettivamente Sindaco e Vescovo della città nei difficili anni della seconda guerra mondiale ed entrambi originari di Rovigno d’Istria.

Dopo il massiccio intervento di ristrutturazione della piazza, oggi il salotto della città si presenta con quasi 35.000 nuove pietre di pavimentazione che sono andate a sostituire sia l’asfalto che ne ha caratterizzato l’aspetto fino a fine millennio, sia le sottostanti storiche pietre di pavimentazione, rimosse e donate dal Comune in occasione di detto imponente rifacimento.

La parte di piazza più antica, antistante il Municipio, è caratterizzata da listoni di lastre disposte a 45 gradi posizionate a spina di pesce con un disegno ritmato dai lampioni.

Nella parte di piazza tra il Palazzo del Lloyd e la Prefettura, dove una volta c’era il giardino e dove ancora prima c’era l’antico porto fortificato del Mandracchio, sono stati incastonati nelle pietre dei proiettori luminosi blu distanti quattro metri l’uno dall’altro, che vogliono simboleggiare una continuità con il mare antistante e nello stesso tempo rievocare il vecchio Mandracchio scomparso. Le pietre utilizzate per la nuova pavimentazione della piazza sono la pietra bianca d’Aurisina bocciardata e le pietre arenarie delle cave circostanti la città.

Oggi come una volta, la Piazza è il fulcro della vita cittadina. Qui si concentrano dalle manifestazioni più importanti a quelle più ordinarie, dalle commemorazioni ai matrimoni, dai comizi politici ai festeggiamenti per le vittorie delle squadre del cuore. Come nel passato più remoto, la Piazza ha continuato e continua ad essere la testimone dei principali eventi cittadini.

Qui migliaia di persone si radunarono quel 3 novembre del 1918 per salutare l’attracco del Cacciatorpediniere Audace al Molo San Carlo (oggi Molo Audace) in seguito all’annessione della città al Regno d’Italia dopo ben 536 anni di dedizione all’Impero Asburgico interrotta solo da qualche breve dominazione veneziana e francese.

Sempre in questa Piazza migliaia di persone si raggrupparono il 21 maggio 1922 per salutare il Re Vittorio Emanuele con la Regina Elena e la Principessa Jolanda.

La Piazza fu al centro dei motti del ’53 e del ’54 e fu testimone per la seconda volta della redenzione all’Italia con la seconda riannessione del 26 ottobre 1954.

Il 4 novembre del 1954 la Piazza fu al centro delle manifestazioni per la riannessione sopra citata, con l’arrivo dell’allora Presidente Einaudi, ed ovviamente sempre qui dopo cinquant’anni (2004) si ritrovarono le principali autorità italiane per commemorare gli eventi del ’54 tra i quali l’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.

E come non dimenticare la Santa Messa officiata in Piazza Unità da Papa Giovanni Paolo II poi passato alla storia come Il Grande.

Ma tra tanti eventi così importanti come non ricordare anche quelli più semplici e gioiosi, dal Festivalbar di Salvetti presentato da un giovane Cecchetto al fortunato Karaoke di un giovanissimo esordiente di nome Fiorello cne fece cantare sul palchetto una ragazzina proveniente da Monfalcone di nome Elisa che molti anni più tardi andrà a vincere il Festival di Sanremo e ad interpretare alcune tra le più belle canzoni della musica leggera italiana ed inglese; dai concerti dei Pooh a quello di Elton John, di Claudio Baglioni, di Francesco Salvi, di Enrico Ruggeri, di Elio e le Storie Tese, di Carmen Consoli, dei Duran Duran, dei Green Day (tanto per citarne alcuni) alle fanfare di tutte le armi e chi ne ha più ne metta.

Per concludere e semplificare questo discorso sulle centralità della Piazza e la sua magnificenza basti pensare dov’è che triestini e turisti si riversano la notte di Capodanno…..

E così tra smog e aria sana, tra beghe politiche ed alleanze, tra squadre che scendono e squadre che salgono, la vita della città prosegue coinvolgendo una piazza che quando si sente trascurata fa di tutto per farsi notare. Ed è così che dopo un mese di una primavera fredda e piovosa, il 28 aprile 2005 arriva un sole quasi estivo e le pietre di Piazza Unità si sollevano, si spaccano e richiamano sulla piazza l’attenzione di un’intera città. Tecnici, esperti e studiosi analizzano il problema tra un fantomatico gaiser che fa la sua comparsa tra i buchi creati dalle spaccature. C’è chi addita responsabilità alla ditta appaltatrice, chi al Comune, chi alla Giunta precedente ma noi di TuttoTrieste.net dal sopralluogo effettuato possiamo con certezza affermare che la causa sia imputabile alla memoria della vecchia Locanda al Comune ed a quella del vecchio Mandracchio che vorrebbero riemergere e far parlare di sé e della loro storia ma sempre noi di TuttoTrieste.net siamo tranquilli perché di ciò, in questa sede, abbiamo ampiamente trattato.

Viva Piazza Unità!

Viva Trieste!

Massimo Barbo – TuttoTrieste.net

Bibliografia:
– “Ocio, col bagno!” di Liliana Bamboschek edizione Il Murice
– “Trieste nascosta” di L.Veronese e A.Halupca edizioni Lint Trieste
– “Trieste Imperiale” di Giorgio Tomè edizioni Luglio
– “Trieste, una città si mette in posa” di De Vecchi, Resciniti, Vidulli edizioni Schiberna
– “Trieste 1953” e “Trieste 1954” di Ugo Borsatti edizioni Lint Trieste
– “Il Trecento a Trieste” di Giuseppe Caprin (ed.1897) edizioni Lint Trieste 1974

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