San Dorligo della Valle (Dolina)
(foto e servizio di Massimo Barbo)
Cenni storici e notizie:
Sorto sui cumuli di una frana staccatasi dal Monte Carso, San Dorligo costituisce la parte più a nord della cosiddetta Istria Bianca che, attraversando la Ciceria e la Liburnia, arriva fino al Quarnero. Le sue origini risalgono tra il I ed il II secolo d.C. Documenti storici citano il paese con i nomi di Vodorico, Olderico e Odorico fino a prendere definitivamente nel XVI secolo il nome di San Dorligo (storpiatura di Sant’Ulderico patrono del paese) pur essendo sempre noto con il nome slavo di Dolina che significa valle. Nel 1923 assunse ufficialmente la denominazione di San Dorligo della Valle ma il 3 luglio 2002, in seguito ad un referendum popolare, al centro abitato è stata riconferita la denominazione di Dolina, pur lasciando immutato il nome del Comune.
Fu sempre un paese dedito all’agricoltura, fece parte della Contea di San Servolo e fu parte integrante del territorio di Trieste che lo difese da ogni invasione. Nel 1414 vi si insediarono i primi coloni slavi e nel 1615 fu distrutto per opera dei veneziani che furono comunque combattuti efficacemente dalle truppe di Benvenuto Petazzi.
La sua posizione domina la parte finale della Val Rosandra aprendosi sul golfo di Trieste. Sulla montagna che sovrasta il paese, si erge imponente il Castello di San Servolo. (*)
Massimo Barbo – TuttoTrieste.net
La Chiesa di San Ulderico (1631)
ed il campanile (1792 ricostruito nel 1954 dopo esser stato distrutto da un fulmine nel 1918):
La Chiesa di San Martino (XII sec. ricostruita nel 1655):
La sorgente:
Il paese:
LA MAJENCA, LA FESTA DI SAN DORLIGO:
La Majenca (pron. Mjenza) è la festa popolare dell’abitato di Dolina le cui origini si perdono nel tempo. Si svolge il primo fine settimana di maggio e la tradizione la fa apparire come la “festa della gioventù”. I giovani del paese infatti, si radunano già sul finire dell’inverno per nominare il “župan” e la “županja” (ossia il sindaco e la “first lady”) che dirigeranno i lavori organizzativi della festa. Il fulcro della manifestazione si ha al sabato con l’innalzamento in piazza di un grosso ciliego, “sapientemente” prelevato ad un compaesano dai cosiddetti “Črenjarji” (cigliegiai), ossia una conclave a numero chiuso di “anziani”, rigorosamente segreta, ove vi si pu accedere solo se persone di fiducia e su chiamata del gruppo stesso che può avvenire solo dopo la dipartita di uno dei membri. L’albero trasportato a mano nell’ultimo tratto (anticamente il trasporto a mano veniva effettuato per tutto il percorso) viene issato al centro della piazza dopo esser stato addobbato con bandierette, arance e limoni. Si inizia quindi la festa sotto il “mlaj” (l’albero) con cori, bande e spettacoli di vario genere. La giornata di domenica caratterizzata dai balli popolari che iniziano con il ballo dei giovani che, sostanzialmente, aprono la festa. La manifestazione si conclude con la caduta del mlaj e la ressa dei bimbi che gareggiano per raccogliere il maggior numero di gagliardetti.
La severa organizzazione dei lavori diretta dal comitato capitanato dal župan e dalla županja, fa si che tutto torni in ordine come prima senza lasciare traccia dei bagordi dei giorni passati ma lasciando a tutti il ricordo del sapore del buon vino, dei cibi locali e della gioia della festa. (*)
Bibliografia:
– Dario Alberi, “Istria, storia, arte, cultura“, Lint Editoriale Trieste;
– AA.VV. “, “Istria, Cherso, Lussino, guida storico artistica“, Bruno Facchin Editore – Trieste;
– Dario Gasparo, “La Val Rosandra e l’ambiente circostante“, Lint Editoriale Trieste
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